Breve storia della comunità ebraica di Catania

La presenza ebraica a Catania è documentata già ai tempi dell’impero romano.

Una lapide marmorea, datata tra il II-III secolo dell’era volgare, trovata  nella catacombe di Villa Torlonia a  Roma, reca la seguente epitafio: “Qui giace Giusto figlio di Amachios di Catania, di anni 22. In pace il suo riposo”, con attorno  incisi  simboli ebraici, mostrando  cosi una presenza giudaica  a Catania già in quell’epoca.

Più fitte sono le testimonianze esposte  nella collezione di epigrafi ebraiche conservate al Castel Ursino e datate al  IV-V sec. dell’era volgare. Fra le lapidi esposte spicca, l'epitaffio di Aurelius Samuele e di sua moglie Lasie Erine,  morta all'età di 23 anni nel 383.

 L’iscrizione, si apre con la classica formula  incisa con caratteri ebraici:  “shalom al Israel” e prosegue in latino, mostrando  l’uso della lingua dei dotti presso il nucleo ebraico catanese,  accanto all’uso della lingua greca utilizzata per le altre 4 lapidi ivi conservate.

Maggiori invece sono i documenti che a partire dall’epoca normanna fino alla fatidica espulsione del 1492, si sono conservati nei vari archivi cittadini. A dimostrazione di una comunità che conta al suo apice circa 200 famiglie ebraiche, ben inserite in tutte le attività economiche del tempo: artigianato e commercio, l'arte della seta e della tintoria, legatori, armaioli, fabbricanti di polvere da sparo, scrivani, calderai, carradori, sellai, fabbri ferrai, cartai, droghieri e prestatori, proprietari di case, terreni e di botteghe, e che garantivano tributi al  monastero di S. Maria Novaluce, che già nel '300 aveva ottenuto il privilegio  sugli ebrei da parte del re Federico II .

Tra i vari settori di attività professionali, spicca quello della medicina ed in particolare, ed in via d’eccezione,  la presenza di medici-donne ebree.  Fra le dottoresse, troviamo i nomi di Virdimura, figlia di medico e moglie di Pasquale de Medico di Catania, specializzata nella cura delle malattie interne, nonché Bella De Paija da Mineo, che esercita l’arte chirurgica in tutte le terre di pertinenza della Camera reginale.

All’epoca Sveva invece, appartiene la costruzione del castello federiciano ideato dall’architetto militare di fiducia: Ricardo da Lentini, di probabile discendenza ebraica convertito al cristianesimo.  Il castello, costruito nel 1239 mostra sulla torre nord-ovest, i simboli dei due candelabri a 9 brace (chanukkiot), fatti di ciottoli di fiume conficcati nella calce, a protezione del massiccio mastio. 

Due furono le giudecche di Catania: La Giudecca di Susu e la Giudecca di Jusu, entrambe cancellate dagli eventi catastrofici che hanno distrutto la città etnea: l’eruzione dell’Etna del 1669 ed il terremoto del 1693, che hanno reso l’ubicazione dei quartieri di difficile lettura.

 Ulteriore  testimonianza della memoria ebraica in città  è costituita  dalla tesi di laurea manoscritta da C. Fontana  nel 1900 ed intitolata : “Gli ebrei in Catania (sec. XV)”. In essa si racconta, attraverso documenti ormai perduti, l’ubicazione delle Giudecche.  Fontana precisa che la Judeca di susu arrampicava verso i vicoli di santa Barbara e via Recupero che conducevano alla Cipriana e che l’edificio della sinagoga di tale Giudecca si trovava di fronte alla chiesa di san Giovanni, attaccato

all’edificio dell’ospedale degli ebrei.

Mentre, la Judeca di Jusu chiamata anche Judeca pichula, era ubicata dal  fiume Amenano (detto Judicello) allora scoperto, fino a quella che oggi è la piazza di san Francesco d’Assisi.

 Con l’editto di espulsione del 1492, si cancella la presenza ebraica in città. Una lapide di marmo apposta nel palazzo senatorio di Catania e oggi costudita nella collezione archeologica  di Castel  Ursino, celebra l’anniversario dell’anno primo dall’espulsione degli ebrei,  dove ancor ‘oggi si può leggere la frase: “i judeis pulsis”.

Piccola ondata di ebrei, di prevalenza commercianti est europei, attratti della fertile terra vulcanica e della sua produzione, risiedono in città nella prima metà del XX sec. per esportare prodotti siciliani ai paesi d’origine:  Leone Klugman, Jonas Cluma, Berta Lizansky ed il fratello Ze’ev, Markler Samson, Otto Birernbaum, Luigi Frimmer, Marzel Schereiber e  Natan Moislisch, sono solo alcuni dei nomi attivi in città, particolarmente nel commercio  degli agrumi.

Tale presenza ebraica, si intensifica dopo l’avvento del fascismo e l’entrata in vigore delle leggi razziali del 1938.  L’ufficio della difesa della razza, calcolava nel 1938 che la provincia etnea era al 47° posto in Italia per numero di ebrei presenti, e al secondo posto in Sicilia, con un numero di circa 75 ebrei presenti sul territorio.

Se per alcuni ebrei la Sicilia si presentava porto sicuro, lontano dal potere centrale di Mussolini, per altri ben inseriti nelle varie cariche accademiche dell’ateneo catanese, segna la fine della carriera pubblica.  E’ il caso del professore Azeglio Bemporad, onorato astronomo che contribuì instancabilmente alla reputazione dell’ateneo catanese ed allontanato d’ufficio con l’entrata in vigore delle leggi razziali. Nel 1943 fu reintegrato, anche se non riprese mai l’attività. Morì a Catania l’11 febbraio 1945 dove fu sepolto nel cimitero monumentale.

Nel 2023 nasce la sezione di Catania della Comunità ebraica di Napoli per venire incontro alle esigenze delle famiglie ebraiche residenti a Catania e provincia, e promuovere la cultura ebraica nel territorio di circoscrizione. 

Evento a Catania Marzo 2024

Testo e immagini a cura di Moshe Ben Simon.


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