Passeggiare tra i vicoli del centro storico, nonostante tutte le modifiche e le stratificazioni urbanistiche e architettoniche, restituisce bene il senso della storia e degli eventi accorsi nelle giudecche, gli antichi quartieri dove dimoravano gli ebrei, non dei ghetti attenzione, Napoli non ebbe mai un ghetto, invenzione papale del 1555, quando qui gli ebrei già non c’erano più.
Nel tessuto urbano si rinvengono strade e toponimi che rimandano all’epoca della presenza ebraica in città; diversi i luoghi adibiti a giudecca nei secoli, rintracciabili con l’aiuto delle carte topografiche e di antichi documenti. Tuttavia di quale sia stata la prima giudecca a Napoli non vi è certezza, molti studiosi l’hanno identificata nella zona di San Marcellino e Monterone, poiché gli ebrei, durante la guerra contro i Bizantini, difesero proprio il tratto di mura meridionale a ridosso di tale altura. Non è da escludere la possibilità che difendessero tale zona poiché era la più vulnerabile ma risiedessero altrove, per quanto una sinagoga, che può essere fatta risalire a tale epoca, è testimoniata dai documenti.
Un vicus Iudeorum è invece attestato più a nord del quartiere Pendino, all’attuale vico Limoncello, nei pressi della via Anticaglia, decumano superiore; è possibile fosse questo l’insediamento più antico, così com’ è altrettanto probabile che, caduta la città in mano ai Bizantini, gli ebrei furono costretti a spostarsi più ai margini, occupando appunto il suddetto vicolo che fu successivamente nominato dei 12 pozzi, per l’evidente presenza di abbondante acqua e che con gli Angioini tornò ad essere chiamato dei Giudei, per la consuetudine medievale di restituire i nomi antichi ai luoghi, più che per l’effettiva presenza degli ebrei che dovevano essersi spostati nuovamente, se mai ci erano già stati, a San Marcellino.
La Giudecca di San Marcellino occupava pochi spazi, tra l’attuale via dei Tintori, dove gli ebrei stessi erano soliti lavorare i tessuti, e la rampa di San Marcellino, proprio su quelle scalinate che oggi portano a Corso Umberto, arteria della moderna città, e che esistevano già nello stesso luogo all’epoca, identiche, solo un po’ più strette, di cui restano chiare tracce nel sottosuolo. E’ in questa zona che ancora le cronache cinquecentesche attestano la presenza di una sinagoga, la cui esatta ubicazione è tuttora incerta.
E’ probabile che appartenga al periodo Svevo la giudecca sita nell’attuale zona di Forcella, nuovamente ai margini della città, forse per le tensioni con la popolazione locale, dove a tutt’oggi persiste il toponimo di via Giudecca Vecchia, anche se per gli ampliamenti del risanamento ottocentesco oggi non perdura più neppure la percezione dello spazio di quella che doveva essere la strada .
Ma il risanamento, si sa, ha toccato soprattutto le facciate, l’esterno dei quartieri, lasciando pressoché inalterate i vicoli più interni, che presentano ancora in alcune zone una struttura a fondaco, dove è facile oggi farsi un’idea dell’ atmosfera dell’epoca tra vicoli stretti e bui anche a distanza di qualche secolo.
Tra vico della Pace e Forcella dunque doveva insistere la giudecca vecchia, così nominata nel momento in cui si dovette distinguerla dalla nuova, ritornata ad essere più a sud nuovamente a San Marcellino, dove in periodo angioino è attestata la giudecca nuova. Prolungamento della giudecca di San Marcellino che aveva conosciuto pian piano un’espansione grazie all’aumento della popolazione ebraica, ampliandosi verso il mare e portando alla costituzione di una nuova sinagoga: forse l’attuale chiesa di Santa Caterina Sapinacorona, lo si deduce dall’impianto a pianta quadrata piuttosto singolare per una chiesa, e dalla presenza di una fontana con acqua corrente del Rubeolo, un affluente del Sebeto, un’acqua viva che si ricicla, elemento di vitale importanza per l’insediarsi di una sinagoga con accanto un bagno rituale, mikvé.
Della Giudecca Nuova non resta più traccia se non nella cartografia, qui dove le ruspe del risanamento hanno cancellato ogni riferimento dell’espansione da Piazza Portanuova fin oltre gli odierni quattro palazzi intorno ad una via Giudecca Grande dove si stanziarono una serie giudecchelle e strade dal toponimo significativo, via Nova della Giudecca Grande, via Anticaglia della Giudecca, via S.Biagio alla Giudecca), dove gli ebrei vissero fino alla loro cacciata dal regno del 1510.
Si ringrazia il prof. Giancarlo Lacerenza per la preziosa collaborazione
Testo Claudia Campagnano
Nelle foto: Via Giudecca Vecchia; La Scalinata di San Marcellino; Vicolo Limoncello all’Anticaglia, già vicus Iudeorum
Fotografie di Luca Canzanella